Warhammer 40,000: Boltgun review

by zenek
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Auroch DigitalFocus EntertainmentSteam21,99 euro18/06/2024

Boltgun è un tributo ai vecchi sparatutto degli anni ’90. Ispirato solidamente a titoli come Quake, DOOM e Wolfenstein, mira a rievocare le atmosfere e meccaniche tipiche dei vecchi FPS “alla id Software”, che hanno ormai definito un genere.
È innegabile la volontà di richiamare le ambientazioni, lo stile e la crudezza tipici dell’epoca: corridoi stretti dove i nemici piovevano da ogni parte e il falso 3D che creava magie.

Poche scene, poche parole, piombo e gameplay. Ambientato nell’universo di Warhammer, più precisamente sullo stesso pianeta di Warhammer 40.000: Space Marine, il titolo del gioco eredita difatti il nome della leggendaria arma Boltgun, icona tra l’arsenale dei marines spaziali.

Dopo una breve introduzione che ci inizializza alla trama, leggera e di “sfondo” (tipica del genere, non ci deve essere giustificazione al massacro NDR), ci ritroviamo nel mondo di Graia, dove dopo aver saggiato una breve introduzione alla trama, il nostro marine si ritroverà ben presto ad affrontare missioni fatte di nemici e sangue.


DEVASTARE IN ALLEGRIA


La struttura è semplice: 3 mappe si susseguono in una progressione sempre più complessa ed articolata, in cui andremo ad effettuare diverse missioni in ognuna di esse. Se da una parte questo ha consentito sicuramente agli sviluppatori di concentrarsi su dettagli, qualità e level-design, la lunghezza del gioco tende a rendere le mappe un po’ troppo tediose e stancanti dopo qualche ora, forzano il giocatore a vivere un po’ lo stesso bioma ed ambientazione (se vi piace farmare mostri, andrete alla grande!).

Per quanto riguarda la progressione, c’è sicuramente da parlare della gestione delle arene e della libertà nel livello: nei precursori del genere si aveva la possibilità di affrontare livelli senza alcuna limitazione, arrivando a coprire intere parti di mappa con pochi salti, o trovando strategie alternative per affrontare ogni sfida.

Boltgun, invece, tende a chiuderti in arene con tantissimi nemici, senza consentirti un’esplorazione libera, a meno che l’area precedente non venga ripulita dai nemici, non offrendo molte alternative, se non quella di ripulire la zona attuale prima di poter accedere all’area successiva.

L’idea di adottare la modalità arena, si sposa poco bene con la gestione generale, ed è qui che nella valanga di nemici che
appaiono in ogni secondo, è facile vedere rivali in pixel-art molto dettagliati soprapporsi fra di loro, rendendo complesso a volte identificare i singoli bersagli (anche disattivando qualsiasi impostazione).

I segreti e le chiavi nel titolo base ci sono sembrati un po’ troppo di facili da scoprire, mentre avrebbero potuto rappresentare una scusa perfetta per rigiocare i livelli e rendere il tutto piú intrigante.

La nota positiva, è che in questo DLC il team sembra averlo compreso, ed è qui che finalmente la situazione inizia a diventare un po’ piú corposa, creando situazioni molto piú complesse e articolate a contrapposizione del gioco base. Cunicoli segreti, artefatti luminosi … potenziando la sfida con molto più mistero.


VOGLIO ESSERE DOOM


Il sistema di movimento è ben curato, e le animazioni di tutto rispetto, si sposano bene con il gunplay, fornendo quella giocabilità fluida che non fa perdere il ritmo, e ci consente di “dashare” via da situazioni scomode quando necessario.
Anche sulle armi, il team non si è sprecato, introducendone ben 10 armi, curate nei minimi dettagli e caratteristiche, con feedback accattivante e un’impostazione generale che giova sicuramente ai nostalgici.

In generale l’assetto è valido, tuttavia, ci sono alcune cose che vanno chiarite e snocciolate: nei vecchi sparatutto, difficilmente si arrivava ad avere oltre le 7 armi disponibili, poiché si temeva che “il troppo stuccasse” o fosse poco necessario, ed il team lavorava piú sul rendere unica la singola arma.

Il rischio nell’introduzione di troppe possibilità, è quello di complicare una scelta in un così vasto arsenale che potrebbe confondere e ostacolare il ritmo di gioco, dove invece il gameplay dovrebbe essere più reattivo e veloce possibile, garantendo “l’arma giusta al momento giusto”.

In alcuni casi diventa fisicamente difficile “raggiungere i tasti”, o tenere a mente i singoli, per creare la giusta combinazione. (Per non parlare di armi che sono semplicemente la versione potenziata di quelle base poi)

Una nota personale che mi permetto di inserire, soprattutto vista la mole di armi possibili, sarebbe quella di sviluppare una soluzione, per accelerare la selezione delle armi. Una sorta di classica “weapon wheel”, sistema fondamentale per riuscire a cambiare facilmente e intuitivamente arma al momento del bisogno.

Nel gioco troveremo anche dei power-up, una sorta di potenziamenti temporanei, che per quanto siano interessanti, sono rivolti solo a poche armi scelte e hanno una durata temporanea, ed è qui che Boltgun tende ad approcciarsi in maniera piú classica, fornendo comunque la possibilità di raccogliere potenziamenti casuali, che andranno sì ad attivare effetti temporanei sull’arma in uso, ma non inserendo un sistema d’evoluzione diretta di quest’ultime.

La trovata tecnicamente è ottima, per restare fedeli, ma finisce per escludere alcune armi, ritenute meno utili.

Il bioma di gioco è interessante e caratteristico, diviso in 3 categorie, tante quante le mappe principali del titolo, ma da un certo punto dell’avventura in poi si iniziano ad incontrare boss giá sconfitti in precedenza, senza contare che gli scontri con i nemici più grossi obbligano il giocatore in duelli prolungati e noiosi dove dovremmo crivellare di colpi i cattivi principali, che in tutta risposta avranno statistiche molto elevate, traslando la difficoltà prettamente verso una questione più artificiale e matematica, piú che sull’abilità e l’ingegno degli sviluppatori in trovare soluzioni rinfrescanti al classico gameplay.

Non mancano poi chicche speciali, come un tasto apposito per “triggherare” i nemici, insultandoli, e garantendoci la possibilità d’iniziare scontri in grande stile, o ancora, l’animazione che avviene in periodi prolungati, magari quando siete lontani dalla tastiera, dove il vostro marine inizierà a sfogliare la sua “bibbia personale di WarHammer”.


TECNICA


Sistema Prova
Processore: Ryzen R7 5800X3D
Scheda Grafica: 7800 XT
Ram: 32 GB DDR4 32000 Mhz
Archiviazione: M2 Kingstone 512 GB

Mosso dall’ormai leggendario Unreal Engine 4 e pubblicato su diverse piattaforme (PC, XBOX One, PS4, Xbox X/S, PS5, N-Switch), BG dal punto di vista tecnico è un ottimo titolo, che vanta un’esperienza completa e solida, con un comparto grafico, scenografico ed audio di ottima fattura, che consente di rivivere i feels dell’epoca, se pur aggiungendo un pizzico di universo WarHammer e citazioni varie ai titoli di epoche passate.

Parlando di prestazioni, il gioco è molto leggero, e si adatta facilmente a qualsiasi configurazione, garantendo buone performance, ottimi effetti a schermo, e l’utilizzo di tecnologia in maniera posata “laddove serve” per non rovinare l’esperienza o snaturarla.

Ottimo il sistema d’illuminazioni semirealistico, che si alterna a VFX di alta fattura. L’UI semplice ed intuitiva, lascia infine posto ad un mondo quasi più pastelloso e costellato di nemici “pixellati”. Un plauso anche all’ottima gestione delle ombre e dei punti di luce/esplosioni.


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