Benvenuti, utenti del Vault, al nuovo episodio della rubrica Video Riflettendo.
Dopo gli ultimi argomenti decisamente pesanti e, diciamolo pure, basati su una denuncia più o meno grave a ciò che di sbagliato c’è nel mondo della nostra passione comune, vorremmo per così dire riequilibrare un po’ le cose affrontando un argomento molto più leggero e, crediamo, più piacevole da discutere.
A partire dagli anni 2000 si è vista una proliferazione sempre più abbondante dei giochi nei quali le scelte del giocatore avevano un peso di capitale importanza nei riguardi dell’economia del videogioco stesso, al punto che ogni giocatore poteva avere un’esperienza diversa. Certo, non tutti i videogiochi che dispongono di questa caratteristica hanno grosse differenziazioni in termini di risultato finale, e molte volte le scelte prese non sono altro che semplici ramificazioni che però finiscono sempre per ricongiungersi in un unico finale uguale per tutti. I videogiochi Telltale, ad esempio, sono un perfetto esempio di quanto abbiamo appena detto, ma volendo citare un altro videogioco che ha fatto di questa caratteristica il proprio baluardo, nel bene o nel male, non possiamo non tenere in considerazione Mass Effect. L’IP Bioware è infatti divenuta tristemente famosa nella community internazionale per la tempesta di critiche ricevuta dall’utenza, in quanto dispone, si, di un sistema di scelte estremamente ramificato che permette una caratterizzazione profonda del Comandante Shepard, ma alla resa dei conti, nelle fasi finali di Mass Effect 3, tutto si riduce ad un semplice dilemma alla Matrix, che potremmo banalmente riassumere in “pillola blu, pillola rossa” (e pillola verde, chi conosce il gioco capirà).
Ma se Mass Effect ha stupito in negativo in questo particolare riguardo, ci sono stati videogiochi che si sono rivelati vere e proprie perle in tal senso, e non possiamo non citare i titoli Quanti Dreams, come Heavy Rain e, soprattutto, l’eccellente Detroit Become Human, nonchè l’eccellente Until Dawn di Supermassive Games. Giochi, questi, che non solo fanno delle scelte multiple il proprio punto di forza, ma che espandono il concetto stesso di interpretazione di un ruolo e della costruzione dei personaggi che si è chiamati ad interpretare, garantendo finali davvero differenti a seconda di una scelta che, magari, si è fatta nella prima ora di gioco.
Ma qual è, dunque, il punto della questione? Speriamo vogliate perdonarci se finora ci siamo dilungati oltre misura, ma speriamo altresì che possiate comprendere come un argomento del genere vada debitamente introdotto prima di poterne discutere nel miglior modo possibile. Ebbene, il punto del discorso è proprio il modo in cui si decide di fruire di questo tipo di videogiochi. Perchè, diciamocelo, il bello di questo genere è proprio il fatto che non esiste un solo modo di fruirne, e ognuno può trovare la propria dimensione a modo proprio.
C’è, ad esempio, chi considera questo tipo di avventure come storie uniche, irripetibili, che vede e vive questi videogiochi come un modo per plasmare il destino del proprio avatar virtuale e che, magari, una volta terminata l’avventura non riprende più in mano il titolo, o se lo fa ripete sistematicamente le medesime scelte, in quanto si tratta di rivivere semplicemente una storia già vissuta, e non riuscirebbe ad emozionarsi allo stesso modo con un tipo di risultato differente da quello della prima partita.
E c’è, invece, chi ama esplorare e sviscerare a fondo le trame come queste, gente a cui non è sufficiente vedere il finale, ma che ad ogni scelta, ad ogni intermezzo, e perfino davanti al finale stesso continua a chiedersi imperterrita “cosa sarebbe successo se, invece di fare in questo modo avessi fatto nella maniera opposta? Sarebbe cambiato qualcosa?” E via, altra partita, all’insegna di scelte differenti, di un personaggio con una caratterizzazione diversa, alla scoperta di nuovi risultati, nuove scelte, nuove situazioni.
Esiste un modo sbagliato e uno giusto per affrontare questo genere di titoli? O forse la verità sta nel mezzo? Non spetta certo a noi dare una risposta assoluta, ma se volete sapere il parere di chi scrive, allora….no, non esiste un modo giusto, e quindi non esiste nemmeno un modo sbagliato. I videogiochi, e in particolare quelli che dispongono di scelte multiple, non hanno un unico modo di essere vissuti, e ognuno può trovare e vivere l’emozione che più lo appassiona nel modo che più gli aggrada. Certo, può essere affascinante vivere un momento nuovo, magari godendo dell’effetto sorpresa dato da una scena nuova e inaspettata, ma non è forse altrettanto emozionante giocare per 10, 20, o perfino 30 ore, ripetendo le stesse scelte del passato perchè si è consapevoli che si arriverà a rivivere QUEL momento che ci ha emozionati nella prima partita?
Se volessimo fare un paragone con altri tipi di intrattenimento potremmo citare la cinematografia e le corse automobilistiche, che con le dovute proporzioni possono essere viste come perfetti rappresentati di queste due tipologie di videogiocatori. E’ più emozionante guardare un film, pur sapendo come va a finire? Oppure è meglio l’adrenalina di una gara di Formula 1, nella quale non si saprà come va a finire finchè non sarà finita? La risposta, ancora una volta, non può essere assoluta, e noi possiamo solo dire: entrambe intrattengno, dipende dalla sensibilità individuale di chi ne fruisce.
E quindi, amici del Vault, vi lasciamo con questa riflessione, forse più lunga del solito, e come sempre vi chiediamo di esprimere il vostro parere qua sotto, o sulla nostra pagina Facebook. Voi che tipo di videogiocatore siete? Cosa vi emoziona di più, la scoperta o la consapevolezza di rivivere un momento già visto?
Da PC Gaming Vault è tutto, ci vediamo al prossimo episodio!