Resident Evil 2 Review

by Zethras Gorgoth
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Il 2019 è stato un anno assai produttivo per Capcom. Giochi come Monster Hunter World, con la sua espansione Iceborne, e Devil May Cry 5 hanno sicuramente contribuito a riportare Capcom sulla giusta carreggiata. Ma è stato nel mese di Gennaio, con l’uscita di Resident Evil 2 Remake, che la casa di Osaka ha messo in chiaro una volta per tutte la strada che intendeva intraprendere con le proprie produzioni. Resident Evil 2, rilasciato per PC, Xbox One e Playstation 4, non si è solamente dimostrato come l’epitome del concetto di Survival Horror, ma ha anche tracciato una nuova linea guida per quanto riguarda i remake e come questi andrebbero fatti.

Raccoon City, 24 Settembre 1998.
Una squadra del reparto militare della Umbrella Inc. esegue un’operazione di infiltrazione all’interno del NEST, dove William Birkin, brillante scienziato della compagnia, sta lavorando su una nuova arma batteriologica; il Virus G. Cinque giorni dopo la città di Raccon City si è trasformata in un incubo degno dei migliori film di George Romero: non morti affamati di carne viva barcollano per le strade, divenendo di fatto i padroni di una città avvolta dalle fiamme, rasa al suolo, dove solo la fuga sembra essere un’opzione accettabile. Ritrovatisi in questo incubo per motivi diversi, Leon S.Kennedy e Claire Redfield si ritrovano a dover collaborare per trovare un modo di uscire da quello che sembra un incubo e che, invece, non è altro che la cruda realtà.

A livello di gameplay ci troviamo di fronte alla summa di tutto ciò che Capcom ha realizzato con i giochi passati, a partire da Resident Evil 4. A quest’ultimo si deve l’introduzione, per la prima volta nel medium, della telecamera over the shoulder di cui questo Resident Evil 2 Remake fa un largo uso, e lo fa nel migliore dei modi. L’inquadratura dietro al protagonista è sufficientemente vicina da risultare immersiva e coinvolgente, ma allo stesso tempo non abbastanza da rendersi fastidiosa o di intralcio. Le meccaniche di Resident Evil 2 sono quelle di un qualsiasi altro gioco del genere: le munizioni sono poche, i nemici da affrontare molti ed estremamente aggressivi, e spesso è necessario ingoiare il proprio orgoglio e scegliere piuttosto di fuggire di fronte ad un nemico.

L’inquadratura Over The Shoulder, introdotta da Resident Evil 4

Una novità interessante, rispetto al gioco originale del 1998, riguarda l’aggiunta delle armi secondarie, già viste nel remake del primo Resident Evil uscito nel 2002: esplorando attentamente gli scenari troveremo oggetti quali coltelli, granate stordenti e granate a frammentazione, che potremo utilizzare per difenderci dalle prese dei nemici e, volendo, anche come semplici strumenti di attacco, componente che spinge a giocare con maggiore senso strategico e costringe il giocatore ad una gestione ragionata delle proprie risorse. E’ meglio utilizzare questa granata per togliere di mezzo un gruppo di nemici fastidiosi o è più saggio conservarla in vista di possibili situazioni di pericolo in futuro? Non saranno poche le situazioni in cui il giocatore sarà chiamato a porsi questa domanda, e il dubbio di aver sprecato una risorsa preziosa sarà qualcosa che contribuirà per tutta l’avventura ad aumentare il senso di tensione. All’interno degli scenari del gioco sarà poi possibile reperire ulteriori strumenti utili alla nostra sopravvivenza, quali polveri da sparo e tavole di legno. Le prime, esattamente come le loro controparti di Resident Evil 3, che ha introdotto questa meccanica, permettono, se mischiate, di creare munizioni, con effetti e quantità diverse a seconda dei tipi di polvere mischiati. Le seconde rappresentano invece un elemento completamente nuovo che costringe il giocatore ad agire in modo ragionato. Le tavole che potremo trovare sono contate e l’intera centrale di polizia pullula di finestre aperte. A noi scegliere se correre il rischio, e chiudere completamente un corridoio che ci fa presagire guai, oppure se centellinarle, bloccando solo i punti specifici in cui abbiamo il sentore di poter incontrare problemi. Ci sarebbe piaciuto, invero, che questa meccanica fosse estesa, magari con modalità differenti, anche al resto del gioco, ma siamo altresì sicuri che nel seguito previsto per il 3 Aprile vedremo il ritorno di questa meccanica così acerba ma dal potenziale immenso.

Resident Evil 2 è un gioco che prende tutto ciò che di buono è stato fatto dai propri predecessori e lo eleva all’ennesima potenza, brillando di una luce sfolgorante, in perfetto contrasto con l’illuminazione cupoa e soffocante delle aree che visiteremo. E il maggior lavoro di rivisitazione è stato compiuto per quanto riguarda le boss fight. Queste ultime in particolare sono il fiore all’occhiello di questo gioco, insieme al level design azzeccato e facilmente leggibile, col quale condividono un incipit semplice ma efficace: complicate da metabolizzare in prima battuta, difficili nella loro complessità e struttura, ma estremamente divertenti ed aperte a possibili exploit e finezze una volta che le si è interiorizzate.


Perchè è questo il nucleo del gameplay di Resident Evil 2; l’esplorazione e lo studio di ciò che ci si trova ad affrontare con il fine di padroneggiarlo. Un setting che premia il buon gioco, quindi, senza mai risultare inutilmente frustrante o fastidiosamente semplicistico. Le aree che saremo chiamati a visitare, perfetta rappresentazione e, talvolta, completa re-immaginazione di quelle del gioco originale, sono squisitamente intricate, con scorciatoie e percorsi alternativi da scoprire e utilizzare per ottimizzare i propri tempi di completamento o, magari, per evitare un pericolo imminente con il minor rischio possibile. Soprattutto quando, da un certo punto del gioco in poi, ci ritroveremo ad essere costantemente braccati da un inseguitore implacabile, il cui unico obiettivo sembra essere quello di porre fine alla nostra esistenza. E Resident Evil 2, con il suo gameplay e le sue atmosfere, è in grado in questi frangenti di ricreare un senso di ansia e tensione che accompagna per tutta la durata del gioco, sebbene ci sia da segnalare che più si prosegue nella trama più questo senso di impotenza e orrore va scemando, trasportando il mood generale da un iniziale fuga dai mostri e gestione delle risorse ad un dare noi stessi la caccia ai mostri per via dell’esubero di munizioni e cure che si sono accumulate. Un difetto, innegabilmente, che ci si sarebbe aspettato di non vedere in un remake di questa caratura, ma che allo stesso modo è ereditato dai suoi predecessori, tutti afflitti da questo tipo di problematica.

E tutto questo nonostante il cospicuo quantitativo di violenza, spesso e volentieri gratuita, per quanto comunque contestualizzata agli eventi che ci troveremo a vivere. Perchè è di un’apocalisse zombie che stiamo parlando, nella quale i morti viventi vanno in cerca della prossima vittima da sbranare, con una predilezione spiccata per il giocatore. Purtroppo, però, i litri di sangue e altre schifezze che ci piovono letteralmente addosso per le circa 8 ore necessarie per completare il gioco in blind run non sono in alcun modo sufficienti a mitigare il senso di onnipotenza che si arriva a provare nelle aree più avanzate, nonostante perfino gli zombie siano e rimangano minacce da non sottovalutare mai, a nessun costo. Temibili come non lo sono mai stati in nessun altro videogioco, tanto della serie quanto dell’intero panorama videoludico.

Nonostante chi scrive reputi questo gioco il miglior Resident Evil mai creato, la risposta non può che essere un secco “no”. Questo gioco fa tante cose nel modo più corretto possibile, ma in altre inciampa inevitabilmente e in maniera piuttosto rovinosa, e per quanto i pregi siano in proporzione soverchiante rispetto alle pecche, queste ultime sussistono e sono sotto gli occhi di tutti, e vanno pertanto messe in evidenza.
Il più grande riguarda forse la scarsa omogeneizzazione dei due scenari di Leon e Claire, i nostri protagonisti. Esattamente come nel gioco originale del 1998, infatti, completando la prima campagna con un personaggio si avrà la possibilità di giocare quella alternativa con l’altro, ma se nel Resident Evil 2 originale questa era un’opportunità per vedere il gioco da una prospettiva diversa, con un’interazione reale e ben contestualizzata fra i due scenari, in questo remake non è stata posta sufficiente cura nello sviluppo di questa feature, il che porta ad avere scenari alternativi con pochissime differenze rispetto alle controparti principali, rendendoli di fatto più un arrange mode che un vero e proprio B-Side, come succedeva nella controparte del 1998.

Nemmeno i nemici sono esenti da difetti. Talvolta, infatti, si ha la sgradevole sensazione che determinati attacchi non sarebbero dovuti andare a segno, a causa della distanza fra il nemico in questione ed il personaggio giocante, eppure può capitare talvolta che la presa di un nemico abbia ugualmente effetto, facendoci subire danni che altrimenti sarebbero stati evitabilissimi. A fronte di questa mancanza, tuttavia, è stato eseguito un eccellente lavoro in fase di bilanciamento della difficoltà globale. Forte di tre livelli di difficoltà selezionabili, Assistita, Standard ed Estrema, Resident Evil 2 Remake basa il proprio concetto di sfida su parametri dinamici, che vedono i danni inflitti al giocatore ed ai mostri aumentare, o diminuire, in base al ranking di questo sistema, invisibile al giocatore. Anche raggiungendo il valore massimo di difficoltà, tuttavia, non ci si ritrova mai nella situazione di essere “shottati” dai nemici, ma saranno sempre necessari almeno due colpi per vedere la schermata di game over, a meno di non trovarsi già in una situazione di salute critica. A questo dettaglio va aggiunto il fatto che il gioco si comporta in maniera intelligente, facendo trovare sempre al giocatore ciò di cui ha bisogno, nel momento in cui ne ha maggior bisogno. Parliamo quindi di un gioco dal gameplay impegnativo, più di altri esponenti della stessa serie, ma estremamente giusto e bilanciato, mai frustrante o artificiale nel suo punire il giocatore.

L’aspetto tecnico di Resident Evil 2 Remake è forse il punto di maggior pregio del titolo nel suo complesso. Basato sul RE Engine, motore grafico sviluppato da Capcom e già visto all’opera con l’apprezzatissimo Resident Evil 7, qui riutilizzato 1:1 senza alcuna miglioria o tweak del caso. Migliorie, comunque, delle quali non si sente realmente la mancanza, perché il RE Engine, al netto di qualche piccolo difetto nella qualità di alcune superfici riflettenti ed alcune texture non propriamente al top, è in grado di restituire all’occhio del giocatore un’esperienza molto vicina al foto realismo, forte anche di un’ottimizzazione pregevole, che consente di far girare degnamente il gioco anche su sistemi non recentissimi e con componenti di fascia medio bassa. Se per godersi il gioco in risoluzione Full HD a 60fps fissi a dettagli massimi è necessaria almeno una Gtx 1060 da 6gb o una Rx 580 da 8gb, accoppiate ad un processore Ryzen 5 2600 o Intel i5 8400, è assolutamente possibile godersi il gioco, al netto di qualche compromesso sui dettagli grafici, con una Nvidia Gtx 1050 Ti ed un processore meno performante come l’Intel i5 7400, o i loro equivalenti di casa AMD, riuscendo ad avere un frame rate attestato su una media di 35/40 con qualche picco sia in negativo che in positivo. Di certo non valori ottimali per un’esperienza di gioco al top, ma che garantiscono comunque un’esperienza visiva tutto sommato soddisfacente. A supporto dell’ottima realizzazione tecnica del comparto grafico, è presente un menu di configurazione completo e dall’utilizzo estremamente intuitivo, che consente di modificare i vari parametri mantenendo sott’occhio il consumo di Vram delle varie impostazioni e di vederne preventivamente l’effetto, consentendo una calibrazione pressochè perfetta dell’esperienza di gioco di cui vogliamo godere. Anche volendo guardare al comparto audio, Resident Evil 2 Remake riesce a brillare, e di una luce talmente intensa da risultare quasi accecante.

Forte di una colonna sonora accattivante e mai stucchevole, con arrangiamenti trascinanti che talvolta sconfinano nella pura epicità, è il sound design nel suo complesso ad essere il punto di forza del comparto sonoro, grazie all’audio binaurale che consente un’immersione completa nel mondo di gioco, soprattutto nel caso lo si giochi con delle cuffie di buona qualità. I passi dei protagonisti e dei nemici suonano in modo convincente e con una buona tridimensionalità, e pur non essendoci realmente un sottofondo musicale non ci si troverà mai nella condizione di essere completamente in silenzio; i rumori ambientali, i versi dei mostri in lontananza, i passi pesanti e cadenzati del nostro inseguitore, che ci permettono di indovinarne la posizione con chiarezza quasi assoluta, perfino i respiri e i commenti del protagonista di turno. Tutto nel sound design di questo gioco contribuisce non soltanto a creare atmosfera, ma anche a terrorizzare anche il giocatore più smaliziato, insinuando costantemente il dubbio di dove si trovi quella determinata creatura della quale si riesce a sentire il lamento in lontananza.

Conclusioni

Con Resident Evil 2 Remake, Capcom ha saputo mettere d’accordo un po’ tutti, dando al proprio pubblico un prodotto che re-immagina quasi da cima a fondo il gioco originale, tanto che si può quasi parlare di reboot, mantenendolo tuttavia saldo nel proprio nucleo nonché i propri capisaldi. Forte di un comparto grafico di prim’ordine e di un comparto sonoro eccellente, Resident Evil 2 Remake si porta dietro qualche difetto che in un prodotto di questa caratura non ci si dovrebbe aspettare di trovare, e che contribuisce ad abbassare un voto che, altrimenti, avrebbe toccato la perfezione. Rimaniamo comunque nell’ambito dell’assoluta eccellenza, dal momento che i difetti elencati non intaccano il gioco al punto da ridurne il godimento.

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