Remake, reboot e remaster: mossa vincente o rovina di un classico?

by Zethras Gorgoth
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Il decennio 1990/2000 è stato senza dubbio l’epoca d’oro del medium del videogioco. Certo, grandi titoli tutt’ora considerati capolavori immortali sono usciti anche nel decennio precedente, ma è a partire dal 1990 che abbiamo visto nascere vere e proprie leggende, destinate a cambiare per sempre il medium. E sono diventate leggende perchè, quando sono usciti, hanno completamente rivoluzionato il genere di appartenenza, inserendo idee innovative, o rivoluzionarie, o semplicemente particolarmente azzeccate, che hanno permesso loro di ergersi al di sopra di tutti gli altri e di spiccare come capolavori immortali. Titoli come Silent Hill, Resident Evil, Final Fantasy 7, Grand Theft Auto 2, Metal Gear Solid, Street Fighter Alpha 3, Tekken 3 e Crash Bandicoot sono solo alcuni dei grandi titoli del passato, titoli che hanno stabilito nuovi standard di qualità per il genere a cui appartenevano. Ma allora cos’è cambiato?

La trilogia originale di Resident Evil è un ottimo esempio di come negli anni 90 siano usciti giochi che hanno definito il proprio genere, elevandosi a capolavori senza tempo.

A partire dall’anno 2000, il medium dei videogiochi è profondamente cambiato. Un cambiamento che, seppure non ha stravolto in maniera irriconoscibile la nostra fonte di svago preferita, ha indubbiamente stabilito nuovi standard e nuove regole. Stiamo parlando, ovviamente, del fenomeno in continua espansione dei reboot, dei remake e delle remaster. Un fenomeno, questo, che ancora oggi continua a imperversare con forza, e che sembra essere diventato l’unico modo in cui certe software house sono in grado di sfornare titoli di sicuro successo. Ma prima di addentrarci nella discussione, sarebbe forse il caso di definire con più chiarezza di cosa stiamo parlando, non trovate?

Un Reboot è sostanzialmente una ripartenza del franchise in termini di trama. Lo dice la parola stessa, dopotutto “reboot”, ovvero “riavviare”. Quando viene realizzato un reboot si stabilisce un nuovo punto 0 del franchise, e la trama del videogioco in questione riparte senza tenere in conto gli eventi dei giochi precedenti. Spesso, inoltre, un reboot presenta nuove meccaniche ed un approccio in linea di massima differente rispetto al gioco originale. Un esempio lampante di questo genere di gioco è Tomb Raider (2013).

Tomb Raider 2013: l’esempio perfetto di un reboot di qualità.

Una Remaster è, invece, un discorso generalmente più complicato. Solitamente, il gioco che viene rimasterizzato è lasciato pressochè intatto al proprio nucleo, e tutto ciò che accade è una lucidatura, per così dire, del comparto grafico, magari con la risoluzione di bug ed errori, ed una rifinitura generale atta a migliorare l’esperienza di gioco complessiva. Un esempio di questo tipo di operazione è Skyrim Special Edition.

Skyrim Special Edition: un esempio lampante di Remaster, per quanto non di qualità eccelsa.

Un Remake, invece, va oltre i concetti espressi finora. Laddove una Remaster si occupa unicamente di apportare a conti fatti un restauro al titolo in questione, un Remake è invece una vera e propria ristrutturazione. Spesso, ma non sempre, oltre all’upgrade grafico si ha una rivisitazione del gameplay, insieme all’aggiunta o alla rimozione di feature per modernizzare il titolo e, talvolta, con cambiamenti alla trama o perfino alla lore del gioco stesso. Un remake non è sempre fedele al 100% al gioco originale, e potrebbe invero presentare solo alcune similitudini con esso. L’esempio più riuscito in tal senso è senza dubbio Resident Evil 2 Remake.

Resident Evil 2: un Remake che sfiora la perfezione, pur non raggiungendola.

Qual è, quindi, il punto a cui vogliamo arrivare? Ebbene, il discorso è molto semplice, una volta spiegate le basi, ed è più che altro un dilemma, un dubbio, che da anni è oggetto di dibattito fra i videogiocatori: è giusto che le software house si fossilizzino su questi espedienti invece che creare nuove IP? E anche oggi è un dubbio che sorge spontaneo, dal momento che fra poco più di tre mesi potremo giocare con la Mass Effect Legendary Edition, ma se vogliamo addentrarci maggiormente in questo argomento, potremmo senz’altro chiederci se un remake, o una remaster, possano essere una buona idea o se, piuttosto, siano becere violenze perpetrate ai danni di capolavori che hanno fatto innamorare molte persone.

Mass Effect Legendary Edition costituisce senz’altro il punto di partenza più immediato e recente per questa discussione.

I grandi videogiochi del passato sono diventati grandi perchè, all’epoca, furono considerati all’apice del proprio genere e, guardandosi indietro, si potrebbe talvolta definirli tali. Eppure sorge spontaneo domandarsi quanto e come l’invecchiamento possano aver influito nell’economia generale del titolo, e se valga davvero la pena effettuare una ritstrutturazone. Prendiamo ad esempio proprio il primo Mass Effect. Il gioco, di per sé, è invecchiato terribilmente. Uscito nel 2007, costituiva di certo una perla per la propria epoca, con una grafica sicuramente di livello e un gameplay che, in buona parte, prendeva quanto di buono fatto da Bioware nella realizzazione di Neverwinter Nights (operazione, questa, portata all’estremo con Dragon Age Origins, nel 2008) e lo proiettava nella modernità, non soltanto in termini di contesto di trama e di setting, ma anche a livello di gameplay e feature presenti. Oggigiorno, guardando e giocando un titolo come il primo Mass Effect, ci si potrebbe ritrovare a storcere il naso. La grafica, del resto, non è più così spettacolare, se guardata con gli occhi di 15 anni dopo, e anche il gameplay risulta essere scomodo, a tratti perfino legnoso, e con un vago sentore di vetusto e stantio. Ma parliamo pur sempre un una gloria del passato, e quindi è inevitabile domandarsi: è giusto realizzarne un rifacimento, col rischio di snaturarlo? O dovrebbe essere lasciato così com’è, per preservarne la purezza e l’impatto e l’atmosfera? I ragazzi di Bioware, di sicuro, sono certi di quale sia la risposta corretta,

I cambiamenti, in questo caso, sono più che evidenti. Mass Effect LEgendary Edition si ripropone di dare nuovo lustro ad una saga apprezzatissima dai fan, senza intaccarne l’essenza e l’atmosfera.

E’ importante ricordare, nell’affrontare questa discussione, che non soltanto il medium del videogioco, ma anche le persone cambiano negli anni, e così cambiano anche le mode, i gusti e via dicendo. E, naturalmente, ciò che piaceva anni addietro potrebbe non piacere oggi. Sono ormai finiti gli anni in cui il videogioco era considerato un fenomeno di nicchia, fruibile unicamente da nerd e bambini. E’ diventato un fenomeno massificato, alla portata di tutti, e con questo concetto in mente bisogna ricordare che le software house non sono enti benefici ma lavoratori, come lo siamo tutti noi. Il loro lavoro, in questo frangente, è quello di produrre qualcosa che aggradi il pubblico e che abbia come conseguenza un introito finanziario per la compagnia. Ed è proprio questo il proposito per cui vengono realizzati i remake. Perchè se è vero che esiste una grossa fetta di pubblico che ritiene queste operazioni quasi sacrileghe, in quanto vanno a ritoccare ciò che si è conquistato un posto nell’olimpo del medium, è vero anche che esistono moltissimi appassionati che non vedrebbero l’ora di giocare una versione rinnovata dei loro titoli preferiti. E questo, ovviamente, per le software house, significa anche attirare nuovi utenti, che con gli occhi della modernità non apprezzerebbero i grandi titoli del passato, ritenendoli troppo legnosi, forse, o esteticamente brutti.

E quindi, amici del Vault, dove sta la verità? Probabilmente nel mezzo, come in moltissime altre cose. E’ vero, dopotutto, che ritoccare o modificare i grandi titoli del passato è sempre un rischio, perchè si corre il rischio di snaturarli, depauperandoli di ciò che li ha resi grandi e godibili in passato. Ma è anche vero che, come abbiamo sottolineato, i tempi e le persone cambiano, e prodotti un tempo grandi non avrebbero la stessa presa oggigiorno, in un mondo in cui si è abituati a certi setting. C’è forse qualcosa di male nel permettere alle nuove generazioni di godere dei classici in una veste a lucido, con il beneficio supplementare di poterne godere noi stessi? Oppure è vero il contrario, e cioè che se le cosiddette “nuove leve” vogliono godersi questi giochi devono farlo giocando gli originali, col rischio che non sappiano apprezzarli per via dell’invecchiamento dei titoli stessi?

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Patrick Grioni
Amministratore
3 anni fa

Veramente ottima analisi, complimenti.