Inscryption Review, lezione di stile.

by Patrick Grioni
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Sviluppatore:Distributore:Versione testata:Costo:Data rilascio:
Daniel Mullins GamesDevolver DigitalSteam19,99 euro19/10/2021

Spulciando la pagina di Steam del videogioco Inscryption ci si imbatte in una stringata ma anatomicamente perfetta descrizione:

Inscryption è un’odissea fatta di cupe carte dark che fonde un roguelike deckbuilder, enigmi in stile escape-room e l’horror psicologico in un frullato di sangue.

Steam

L’autore, Daniel Mullins, che rappresenta anche la sua personale Software House che sotto etichetta Devolver Digital ha deciso di pubblicare questo progetto, è un simpatico e talentuoso Canadese già autore di The Hex e Pony Island, altre due gemme che non fanno altro che confermare la freschezza e la genialità di Daniel.
Inscryption, in ogni caso, si allontana da questi canoni per tentare la strada del roguelike-gioco di carte che, per i meno temerari, potrebbe essere un binomio terrificante e sufficiente a farli allontanare dal prodotto senza beneficio di prova (e ne esiste pure una Demo).

Le nostre stesse aspettative non erano certo elevatissime, ma mai come in questo caso siamo stati felici di sbagliarci.


UN CAPANNO E UN’ORDALIA


A livello di ambientazione e trama, trionfa il mistero: avremo uno scarno menu’ il stile retro, curiosamente non ci sarà data possibilità di iniziare una nuova partita ma solo di continuarne una, in tipico stile rougelike, con l’idea malsana di essere parte dei numerosi tentativi votati alla risoluzione di un enigma di cui, inizialmente, faticheremo a percepire i contorni.

La nostra prigione sarà una capanna, liberamente esplorabile, con al suo interno una figura nera di cui intravediamo solo gli occhi, tale Leshy: un ambiente ricolmo di oggetti, tra cui dei cassetti con degli strani simboli, un orologio a cucù, alcuni automi di legno, il libro del regolamento delle carte da gioco e una porta chiusa (forse l’uscita?) da dove si intravede un enorme bagliore.

Perchè siamo li? Come ci siamo finiti? Domande lecite ma che trovano ben poche risposte: sappiamo che siamo intrappolati e che l’unico modo per interagire con il nostro carceriere è un gioco di carte, fulcro della nostra esperienza.
Con esso, si presume, tra sacrifici di creature e menomazioni fisiche personali, vivremo il nostro cammino espiatorio, in un loop di tentativi, di nuove esperienze, che ci renderà man mano più consapevoli.

Onestamente abbiamo trovato la mancanza di background narrativo un setting ideale, da subito Inscryption passa da curioso esperimento a catturare la nostra attenzione: quello che gratifica di più è il setting che man mano trasforma e plasma il titolo in qualcosa di diverso, tanto nella narrazione quanto nella componente visiva, sorprendendoci ad ogni svolta.


ENIGMI E CARTE DA GIOCO


L’esperienza di Encryption si divide in due momenti ben distinti, la fase investigativa dell’ambiente che ci imprigiona (o simil RPG Giapponese, ma capirete questa affermazione giocandolo) e la preponderante sezione di gioco di carte: non possiamo entrare più nello specifico, ma parte della freschezza del progetto è dovuta alla perfetta compenetrazione di questi due momenti.

Infatti, per progredire nell’indagine del capanno (o altro ambiente) dovremo vagliare bene la fase di gioco, con alcuni indizi nascosti in ogni dove, in ogni azione e in ogni nuovo loop: questi “upgrade” al nostro mazzo e al nostro inventario saranno fondamentali per avere più armi e speranze in determinate situazioni, soprattutto contro i boss.

A livello strutturale il Card Game è composto da un quadrante 4×3 (o 5×3 in alcuni ambiti) in cui inserire le nostre creature che, per essere evocate, avranno bisogno di 2 elementi, il sangue sacrificale e le ossa dei caduti in battaglia, almeno in una prima fase, per poi espandersi ad altri elementi e logiche successivamente: è ovvio che ogni sacrificio ci consentirà di avere fresco plasma per nuove evocazioni, le ossa, invece, come detto, si genereranno dalle nostre defunte bestialità e serviranno a rimettere in gioco altri tipi di personaggi scheletrici (alcuni dei quali parlanti).

Ogni interprete del nostro mazzo potrà essere potenziato con abilità inedite, tanto da dare luogo a esperimenti divertenti come ermellini volanti, lupi acquatici, vermi immortali che a ogni turno crescono in disgusto, orde di ratti velenosi, cervi martiri che copriranno ogni attacco nemico spostandosi in automatico sulla linea di difesa adeguata.

Le possibilità sono, invero, moltissime e fanno di ogni partita una sfida inedita, visto che in caso di morte perderemo tutte le nostre creature ad eccezione del nostro set iniziale di carte: quest’ultime si trovano sparse nel capanno e sono elementi particolari, sono anime imprigionate come noi dal nostro carceriere e per questo motivo hanno evidenti aspirazioni vendicative.

Il mezzo con cui lo stesso riesce a mettere in atto questo sortilegio è una macchina fotografica, capace di catturare non solo immagini, ma anche l’essenza stessa di tutti coloro che cercheranno di sfidare Leshy, il losco figuro nostro antagonista: verremo fotografati anche noi, in caso di sconfitta, con conseguente creazione della nostra carta personalizzata.

Le stesse, come avrete già intuito, potranno essere ritrovate nelle partite successive: quindi, a ogni tentativo interpreteremo un IO diverso che potrà vendicare la sconfitta dei precedenti IO utilizzando gli stessi nel suo esercito personale: un espediente geniale. (Molto Bioshock Infinite NDR)

Ma non solo, la nostra voglia di trionfare su Leshy sarà talmente marcata che sulla bilancia che pesa i punti accumulati (rappresentati da dei denti, almeno inizialmente) potremo sradicare anche un nostro incisivo per avere un maggiore peso a nostro favore in caso di necessità.
La menomazione odontoiatrica, però, non sarà il solo mezzo: anche l’oftalmologia potrà essere una opzione papabile, seppur estrema, per consentirci di vincere; c’è da dire che il nostro avversario, successivamente a questa azione, in caso di nostra vittoria, ci offrirà di scegliere tra una serie di bulbi di vetro (o presunti tali) per evitare l’imbarazzo di una visione monoculare .

Nel nostro percorso, sempre seguendo il tema portante del “sacrificio“, potremo eliminare un nostro alleato animalesco per trasferire le sue abilità su un’altra carta da gioco o potenziare le medesime con riti pericolosi aggiungendo punti d’attacco o resistenza a discapito, in caso andasse male, dell’esistenza della carta stessa: tutto questo è scandito in turni con un viaggio da seguire tra lande paludose, fredde foreste e ambientazioni cupe.

Insomma in Inscryption la componente gioco di carte-avventura convince in maniera sorprendente, avendo quell’anima di “ancora una partita poi smetto” che è sinonimo di buona realizzazione, benzina inesauribile che non fa pesare le oltre 20 ore che ci sono volute a finirlo.

Ma sarebbe limitativo descriverlo solo così e unicamente la nostra professionalità nel cercare di non far trapelare elementi che definiremmo Spoiler ci preclude certi approfondimenti sulla genialità dell’opera, che è sempre capace di avere delle svolte sia di gameplay che visive uniche: ci ritroveremo catapultati in un’estetica 8 bit, o ad avere come antagonisti altri figuri oltre a Leshy, potremo in talune occasione comporre un mazzo personalizzato che elude tutte le regole appena descritte, con continue giravolte dei cardini acquisiti, oltre che storie contestuali presentate con filmati in FMV.

La sensazione è proprio quella di una sempre maggiore apertura versa una verità che trapassa tutte le fasi di gioco, le sfrutta sapientemente, con una narrazione che sembra troncata e solo accennata, ma che trova nel card game l’anello di congiunzione di tutte le vicende che vivremo.


TECNICA


Sistema Prova
Processore: R5 5600X
Scheda Grafica: RX 5700 XT
Ram: 16 GB DDR4 3200 Mhz
Archiviazione: SSD 860 Samsung 500 GB

Mai come in questo caso il comparto tecnico si può dire funzionale con il fine di una rappresentazione ispirata più che stupefacente: non avremo finezze visive o effetti 3d che vanno oltre l’ordinario, con una certa, voluta, sporcizia, ma al contempo un’egregia solidità.

L’abbiamo, invero, apprezzato così com’è, senza alcuna leziosità che non compete all’opera, nei suoi molteplici mutamenti, considerando anche come sia il lavoro di un solo uomo, sebbene con qualche collaborazione esterna (proprio sui modelli 3D): detto questo, la fluidità è notevole, il supporto ai 21/9 incluso (e non è cosa scontata, visto che titoli come The Medium ancora non lo contemplano) e tutto l’insieme ha una magistrale coerenza.

Anche a livello sonoro non si può non essere soddisfatti: trionfa una certa pomposità stilistica, ma al tempo stesso permane una scia di fiaba horror, che riesce ad angosciare, non certo spaventare, ma prepara il terreno più che degnamente alla componente narrativa.

Ovviamente, pare scontato dirlo, le performance sono assolutamente ancorate ai 144 Hz/Fps limite del nostro pannello.


SCROSCIANTI APPLAUSI


Grazie Daniel, grazie per tanti motivi, ma soprattutto per quello che, con quest’opera, ci hai insegnato.
L’idea vince sempre sui bagliori della rappresentazione tecnologica, la voglia di stupire può utilizzare mezzi semplici per incidere indelebili esperienze col tratto fine di una matita usata e logora, senza la perfezione matematica di un foglio stampato, ma con l’ingenuità di una lettera scritta ancora a mano.

Non siamo certo dei nuovi luddisti sull’innovazione tecnica, ma è indubbio che a volte venga utilizzata non per armonizzare un’opera che ha una sua consistenza, ma per nasconderne le fragilità.

Inscryption è una porta su un mondo enigmatico, su un card game che si plasma e convive con esperienze molto diverse, che è stato sviluppato con estrema intelligenza, amore, è pensato per chi lo gioca, non per chi lo dovrà pubblicare, e tutto questo emerge man mano che lo si scopre.

Grazie, soprattutto, per essere riuscito a stupirci in un mercato che lo fa sempre più raramente, grazie per il divertimento che ci hai regalato e scusaci, se, in principio, non riponevamo molto credito al tuo progetto.

Il tuo è stato il tipico regalo che non ti aspetti, ma che una volta spacchettato, diviene inestimabile.

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