The Invincible Review, soli nello spazio.

by Patrick Grioni
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Sviluppatore:Distributore:Versione testata:Costo:Data rilascio:
Starward Industries11 Bit StudiosSteam29,99 euro06/11/2023

Nel 1964, Stanisław Herman Lem, pubblicava forse una delle sue opere più significative, facendo il verso al lavoro di Tommaso D’Aquino e il suo Summa Theologiae, usciva Summa Technologiae, un’analisi del futuro secondo la visione dell’autore polacco.
Nello stesso anno, però, debuttava anche un volumetto laterale, The Invincible, frutto della feconda fantasia dello scrittore, che trattava la spedizione della nave spaziale che da il titolo al romanzo sul pianeta Regis III, apparentemente privo di vita.
Questo fu lo spunto che ha portato Starward Industries a pensare a un porting videoludico dell’opera dell’ormai scomparso Lem che evidentemente si adattava splendidamente al mezzo da noi prediletto, il Pc.

Da notare che il tema fu già trattato, in maniera diversa ma per certi aspetti similari, da Solaris, opera del 1961, che presenta lo stesso input della solitudine del viaggio spaziale, oltre a trattare, nel tipico stile di Lem, problematiche comunicative con intelligenze superiori: fu adattato nel 2002 nel film di James Cameron (ma diretto da Steven Soderbergh) con protagonista George Clooney, ovviamente aggiungendo forte dosi di stereotipi Hollywoodiani.

Per dare un registro dell’importanza di tale autore nello sviluppo della visione di un futuro diversamente tecnologico, sostanzialmente fu in grado di anticipare (pratica non nuova agli autori di fantascienza, vedesi Asimov o Verne, per citare 2 pezzi da 90) molte interazioni con realtà virtuale e intelligenza artificiale, oltre a temi più teologici-sociali inerenti al ruolo dell’uomo anche in funzioni di contatti con intelligenze aliene.

La materia quindi dove il costrutto di un videogioco dalla struttura solida e interessante potesse germogliare è sicuramente valida, le lande brulle e spoglie di Regis III paiono lo scenario ideale per ricreare l’illusione di essere soli nello spazio e lontani da casa, in difficoltà, ma con una risorsa preziosissima che ci pervade, la nostra umanità.


SOLITUDINE O QUASI


Yasna sarà la protagonista di tutta l’avventura. O meglio lei e il nostro contatto radio con la nave madre Dragonfly, Novik, oltre alla solitudine e aggiungerei quel leggero senso di claustrofobia rappresentato dal nostro casco spaziale.
Yasna è una biologa dell’Interplanetary Commonwealth e come i più classici cliché si sveglierà su un pianeta alieno senza ricordi e senza possibilità di nessun contatto radio.
Regis III è un luogo bellissimo con le sue sfumature rossastre iniziali, che si trasformano in verdi-bluastre successivamente, ma è anche apparentemente morto biologicamente, proprio per questo motivo le abilità di Yasna non vengono considerate dal comandante Novik, che decide quindi di mandare sul pianeta solo gli astronauti Marit, la geologa, Koval, l’astrofisico e Krauta il chimico.

Nonostante questo ci sveglieremo sulla superfice dello stesso, spaesati e senza ricordi. muti e sostanzialmente persi: facendo leva su un sorprendente senso dell’orientamento utilizzeremo riferimenti geologici per incamminarci verso l’accampamento imbastito dai nostri compari per cercare di capire cosa sia accaduto e per ripristinare i contatti con la Dragonfly, la nostra nave madre.

Cos’è quindi l’Invincible che reca il titolo del gioco? Inizialmente si potrebbe pensare alla lena indomabile della protagonista che nonostante le difficoltà riesce sempre a prevalere, in realtà si tratta di una mastodontica nave dell’USCA, la fazione antagonista dell’Interplanetary Commonwealth, una nave che può trasportare centinaia membri dell’equipaggio anch’essa interessata curiosamente a Regis III.

O almeno è quello che pensiamo di poter capire, l’intreccio di trama, peraltro in alcune decisioni “variabile”, ci metterà di fronte un mistero che man mano che oseremo sfogliare, parrà sempre diverso, spiazzante, sorprendente: sicuramente il pezzo forte del prodotto Starward Industries è rappresentato dalla narrazione, tanto possente che ci si è dimenticati di imbastire un gameplay.


UNA LUNGA CAMMINATA


The Invincible a livello strutturale è sicuramente un titolo semplice: nessun virtuosismo di level design, nessuna modalità di gameplay sfidante, nessun tipo di scoglio.
Quello che dobbiamo fare sarà sostanzialmente raggiungere luoghi, osservare bei panorami, dialogare con la voce fuori campo rappresentata da Novik, camminare, utilizzare piccoli mezzi lasciati dagli astronauti antagonisti della nave Invincible, guardare diapositive, analizzare strutture abbandonate.

Molti fatti antecedenti verranno narrati tramite queste diapositive

Una solitudine alla Fallout, ma senza Fallout. La trama è il motore pulsante, il mistero è la sua linfa. Nasce quindi un curioso paradosso, la migliore esperienza del giocatore che non avesse letto la novella di Lem, una differenza direi paradigmatica.

Purtroppo sapendo come andrà a finire ci si può divertire solamente con alcune variazioni di trama selezionabili in certi momenti focali, punti in grado di condizionare scelte successive: insomma mancando un vero e proprio gameplay, un antagonista credibile, l’accezione del Walking Simulator diventa prepotente.

Per intenderci siamo sotto i livelli di un Close To The Sun degli italianissimi Storm in a Tea Cup, che quantomeno, osando fare il verso a Bioshock, non riuscendoci, presentavano sezioni di fuga che, seppur non perfette, aggiungevano dinamismo.

Indicazioni geografiche come mappa

Eppure il nostro peregrinare su Regis III non diventa mai noioso, diventa sicuramente scontato, ma la struttura imbastita è indubbiamente credibile frutto anche di alcune scelte che trovo decisamente riuscite: prima fra tutte non esiste una interfaccia, l’interazione è un Full Screen pulitissimo che dona un senso spesso claustrofobico, ma riesce al contempo a trasmettere quell’inquietudine che deve essere vagare su un pianeta alieno.

Il fatto di doversi “arrangiare” nella nostra scoperta è palpabile, inoltre credo di aver provato quell’impotenza che si ha quando ti devi affidare a mezzi “di fortuna” e furbamente alcune svolte di trama sono innescate anche dalla possibilità o meno di ritornare sulla Dragonfly.

Questo innescherà diverse conseguenze: l’esperienza con The Invincible seguirà una linea guida, MA le variabili potranno portare a finali differenti, il che potrebbe stimolare una certa rigiocabilità: il titolo nella nostra run è durato 8,4 ore, ma sicuramente è possibile portarlo a termine in meno tempo, visto che spesse volte ci siamo persi in attività accessorie di esplorazione, affascinati dal panorama.


TECNICA


Sistema Prova
Processore: R7 5800X3D
Scheda Grafica: RX 6800 XT
Ram: 32 GB DDR4 3200 MT/s
Archiviazione: Samsung 980 pro

Parlando prima del lato puramente tecnico, il lavoro di Starward Industries è sicuramente inattaccabile a livello di resa grafica e ci porta un utilizzo di Unreal Engine decisamente convincente, sia come ampiezza delle ambientazioni, effetti di luce, effetti ambientali quali vento o intemperie come la pioggia.

Le performance, sul nostro pannello Ultra Wide Nano IPS (a proposito, è un prodotto che bisogna gustarsi con queste proporzioni) e su RX 6800 XT alla risoluzione di 3440×1440, massimo dettaglio, sono state sempre molto consistenti consentendoci di sfruttare praticamente sempre i 144 hz del nostro monitor.

Pong alieno, in qualche modo bisognava passare il tempo nello spazio (nota di colore, tra i primi videogiochi della storia ci fu un suo predecessore programmato tramite un oscilloscopio dal nome Tennis For Two)

Parlando di animazioni, pur non essendo di livello assoluto come quelle viste su un Atomic Heart, non posso dire di averle trovate eccessivamente stoppose o inconsistenti: da notare che in 3-4 circostanze sono rimasto bloccato nello scenario senza altra possibilità se non quella di riavviare il gioco.

Il sonoro è molto piacevole sia come sottofondo che come espressività dei dialoghi che nella loro varietà, di tanto in tanto troveremo Yasna a canticchiare, un tocco geniale che saprà fornirci una indicazione sia sul suo nervosismo che del suo modo di stemperare la tensione.

Il prodotto non ha ne doppiaggio ne sottotitoli in italiano, quindi sarà necessaria una buona comprensione della lingua inglese per seguire le vicende narrate.

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Angelo
Angelo
1 mese fa

Non potete citare il remake e dimenticare il Solaris di Tarkovskij!!!